È scomparso recentemente a 75 anni il regista francese Jean-Jacques Beinex.
Riscaldò il mondo del cinema degli anni ’80 con un potente film che in Italia fu intitolato Betty Blue (ma il titolo originale era più seduttivo: 37,2° Le Matin).
La pellicola del 1986, storia di una passione torrida e distruttiva di 2 giovani, lanciò la sconosciuta Béatrice Dalle che recitò con Jean-Hugues Anglade.
Fu un grande successo non solo in Francia, sulla scorta dell’omonimo romanzo di Philippe Djian.
Una sorta di manifesto dei tempi caratterizzato dall’edonismo sociale e politico (gli anni degli yuppies e dei Ray Ban, di Reagan e della Thatcher, dei primi eccessi della moda, del gusto dell’effimero e della trasgressione, ma che – con la caduta del muro di Berlino – passava il testimone ad un nuovo decennio in bilico tra la fiammata di un nuovo boom economico e i primi effetti, tra chiaroscuri, della globalizzazione).
Accanito difensore di una politica d’autore e del valore di un cinema puro, capace di convivere col mercato, Beinex aveva nel 1981 girato il film Diva, storia d’amore tra una cantante lirica e un fattorino, che aprì la strada al cosiddetto neobarocco: più che uno stile, un look e dunque avversato dalla critica classica.
Personaggio inquieto, tra crisi personali e successivi fallimenti cinematografici, Beinex si avvicina molto al sentimento del post-modernismo.
Soleva dire che gli restava una sola certezza: girare, girare, girare, … Io apprendo ogni giorno. E più passa il tempo, più ho voglia di filmare.
Una nitida e toccante confessione che dall’apprendimento quotidiano si trae grande linfa per la nostra ‘missione’ individuale, professionale o personale che sia, al di là dei risultati ottenuti.
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