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Vivere liquido ma pensare solido – Clouds&Training

Vivere liquido ma pensare solido

L’accelerazione della vita a cui assistiamo da tempo non la possiamo gestire nel modo propagandato dallo slogan pubblicitario famoso nel secolo passato e che raccomandava un amaro “contro il logorio della vita moderna”.

L’accelerazione della vita a cui assistiamo da tempo non la possiamo gestire nel modo propagandato dallo slogan pubblicitario famoso nel secolo passato e che raccomandava un amaro “contro il logorio della vita moderna”.

La liquefazione sociale, per dirla alla Bauman, è sinonimo di flessibilità, di continuo confronto (e a volte di dipendenza) rispetto ad un’evoluzione incalzante ed incessante e spesso priva di riferimenti stabili nel tempo. Insomma siamo di fronte ad una “congiuntura” permanente di stampo gassoso – se vogliamo proseguire con la metafora fisica – che può generare altrettanta permanente insoddisfazione.

Ed in questo vortice finiscono, con velocità diverse, la professione, la vita privata, i divertimenti, le passioni, a volte anche i sogni.

Al lavoro la ricerca della produttività massima e il culto dell’innovazione continua si spiegano sovente con il timore di farsi distanziare da una concorrenza ormai senza più confini e di perdere il treno giusto (anch’esso rapido) della supremazia di brand e di business. Stress e “alcolismo di lavoro” (nel senso inglese dell’espressione, dipendenza dal lavoro) sono sintomi di questa accelerazione del tempo professionale che non è necessariamente più lungo in termini assoluti (numero di ore lavorate), ma che diviene sempre più ‘intenso’. Ogni ora lavorata deve diventare ottimizzata e finalizzata ad un preciso risultato.

L’accelerazione dei ritmi caratterizza in misura analoga la sfera sociale e financo quella politica. Il motto che tende a prevalere è fare tutto, visitare tutto, sperimentare tutto, accedere ad una sorta di immortalità riempiendo la vita mortale di più esperienze possibili. Non contento di accumulare – e spesso cumulare – molti impegni, l’essere umano moderno si è avviato verso una vita relazionale piuttosto instabile: le relazioni affettive e amicali si possono consumare anche per dei capricci, le promesse diventano revocabili, le reti sociali acquistano una consistenza quasi virtuale. Alla precarietà lavorativa generalmente subita, ma – malgrado tutto – accettata come una necessità, corrisponde una precarietà sociale spesso volontaria e, in certi casi, anche rivendicata.

Questa situazione di maggiore “velocità” esistenziale non è senza conseguenze sulla formazione intellettuale degli individui.

In una società liquida, attraversata da un’insicurezza permanente nei confronti dell’avvenire, conta solo il presente. Infatti l’esperienza non si pone più come il baluardo essenziale verso le sfide che verranno, molte delle quali difficili da prevedere. Considerando l’educazione e la formazione come strumenti al servizio della crescita economica, alcune istituzioni, come l’Unione Europea, hanno promosso l’idea del “lifelong learning”, ossia quel processo individuale intenzionale che tende a modificare o sostituire le conoscenze non più adeguate alle nuove necessità sociali o professionali. Ecco che in una tale fluidità di contesto, con i budget aziendali sempre più mirati – al di là delle disponibilità finanziarie concesse dai vari fondi esistenti – la responsabilità della formazione entra a far parte sempre più della discrezionalità della persona stessa. Accostando pertanto questi due pilastri dell’attualità esistenziale (la modernità liquida e la responsabilità individuale per il proprio sviluppo, ossia l’autoformazione tema del Magazine 1) ed accettando ovviamente le necessarie semplificazioni del ragionamento che stiamo qui facendo, si arriva così fatalmente a parlare di ‘formazione liquida’. Ma cos’è? Vediamo di riassumerne i connotati principali:

1 . Stiamo parlando di una doppia forma di liquidità: quella dei contenuti e quella dei contenitori:

  • Il tasso di obsolescenza di certi temi si è elevato e, in più, certi saperi non hanno più il tempo di stabilizzarsi, non contando poi che la loro industrializzazione ha bisogno di costruire i contenuti nel momento in cui li si diffonde
  • La parte solida dei saperi ( e meno male che esiste ancora…), ovvero quei contenuti che tendono a porsi come driver fondativi di certe competenze, necessitano in alcuni casi di una sorta di riattualizzazione (per es.: dalle riunioni classiche faccia a faccia a quelle in remoto, dall’aula di training classica all’aula virtuale, dai modelli tradizionali di leadership a quelli fondati su nuovi valori – emotivi, etici, conversazionali…)
  • Ma accanto ai contenuti, mutano anche le metodologie di trasferimento degli stessi, sollecitate dall’avanzamento tecnologico e da modalità che mettono al centro dell’attenzione chi deve apprendere. Quindi l’evoluzione dei contenitori (tecnologia, stili di coinvolgimento dei partecipanti, approcci formativi che tengono conto anche del loro numero) influenza la didattica dei contenuti e, automaticamente, anche questi ultimi

2. La formazione liquida è quindi un continuo adattamento del modello di capacità e competenze atte a gestire la propria professione. Poiché il mondo di oggi soffre di “infobesità”, dove i confini tra informazione e formazione sembrano sfumare nella bruma, quella parte di formazione che ha lo scopo di creare un pensiero solido teso a creare chiavi personali e robuste di lettura del contesto, si scontra con:

  • L’urgenza della realtà che sottrae spesso il tempo del cervello disponibile
  • I differenti parametri dell’economia dell’attenzione, di solito molto catturata dal brevissimo termine

3. Il rischio della formazione liquida è pertanto quello di riscrivere una didattica basata fortemente sull’evento, sull’avvenimento, sulla sorpresa sul “Wow”, interiezione americana entrata nel nostro linguaggio quotidiano. È la teatralizzazione della formazione per far colpo in un mondo pieno di rumori fisici e psicologi (concetto quest’ultimo derivato se non altro dalla formazione solida di un tempo!).

Ma la formazione liquida è qui per restare o per entrare o rientrare in altri stati della fisica?